Nell’ambito della sua formazione accademica Dante aveva senza dubbio studiato musica nella sua accezione più astratta e speculativa, quella che secondo Tommaso d’Aquino nel commento a Boezio «considera i suoni non in quanto tali, ma in quanto dipendono da proporzioni numeriche». Amava anche “i suoni in quanto tali”? Pare di sì. Nel Convivio egli descrive l’ascolto musicale con parole tanto calorose da tradire una partecipazione esperienziale simile ad un’estasi mistica: «La Musica trae a sé gli spiriti umani, che sono vapori del cuore, sicché quasi cessano da ogni operazione: si è l’anima intera, quando l’ode, e la virtù di tutti quasi corre a lo spirito sensibile che riceve lo suono».